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Accessibilità & edifici storici: un caso di studio

 In Accessibilità

Molti edifici storici sono stati costruiti senza alcuna attenzione per le persone con disabilità (che si stima oggi siano circa il 30% della popolazione globale), ed oggi sono ancora utilizzati da una società dove, invece, si è affermata negli ultimi 40 anni una nuova considerazione per gli utenti deboli, come sottolineato dalla Dichiarazione ONU dei Diritti delle Persone con Disabilità (formalizzata nel 2006 e adottata dall’Italia nel 2009 con la legge n.18). Implementare, dunque, l’accessibilità degli edifici storici, coniugando le istanze della conservazione e del restauro con quelle, altrettanto legittime, di una più completa accessibilità, deve costituire uno degli obiettivi primari di qualsiasi intervento sull’edilizia esistente. Quindi, i progettisti (ingegneri e architetti) devono avere un approccio consapevole delle istanze dell’accessibilità quando operano sul costruito, soprattutto se dall’elevato valore storico-architettonico: migliorarne l’accessibilità e la fruibilità per consentire “a tutti” di poter utilizzare, visitare e apprezzare. Obiettivo che è richiamato anche nelle modifiche introdotte nel 2008 al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio italiano, che nella definizione di “valorizzazione” (art. 6) include anche gli interventi volti “ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”.Molti edifici storici sono stati costruiti senza alcuna attenzione per le persone con disabilità (che si stima oggi siano circa il 30% della popolazione globale), ed oggi sono ancora utilizzati da una società dove, invece, si è affermata negli ultimi 40 anni una nuova considerazione per gli utenti deboli, come sottolineato dalla Dichiarazione ONU dei Diritti delle Persone con Disabilità (formalizzata nel 2006 e adottata dall’Italia nel 2009 con la legge n.18). Implementare, dunque, l’accessibilità degli edifici storici, coniugando le istanze della conservazione e del restauro con quelle, altrettanto legittime, di una più completa accessibilità, deve costituire uno degli obiettivi primari di qualsiasi intervento sull’edilizia esistente. Quindi, i progettisti (ingegneri e architetti) devono avere un approccio consapevole delle istanze dell’accessibilità quando operano sul costruito, soprattutto se dall’elevato valore storico-architettonico: migliorarne l’accessibilità e la fruibilità per consentire “a tutti” di poter utilizzare, visitare e apprezzare. Obiettivo che è richiamato anche nelle modifiche introdotte nel 2008 al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio italiano, che nella definizione di “valorizzazione” (art. 6) include anche gli interventi volti “ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”.

INTRODUZIONE
L’obiettivo può risultare particolarmente impegnativo se si considerano edifici che nel passato sono stati caserme, quindi destinati a una utenza che non ammetteva persone con disabilità, ma anzi era espressione di forza e prestanza fisica. Oggi questi edifici rappresentano un patrimonio, in parte già riutilizzato e in parte da destinare a nuove funzioni, che può essere valorizzato completamente se si trovano soluzioni per il superamento delle barriere architettoniche e sensoriali che possano essere inserite nel rispetto dei caratteri architettonici, distributivi e strutturali originali.Come sempre accade nell’intervento sull’esistente non esistono regole assolute e universalmente definite, ma ogni edificio deve essere analizzato e risolto secondo il quadro esigenziale definito in funzione delle diverse attività da inserire e nel rispetto dei vincoli esistenti. Tuttavia, quando si inseriscono sistemi e ausili per il superamento dei dislivelli per creare un ambiente più fruibile e, perché no, anche più godibile, alcuni principi generali devono essere considerati: reversibilità, riconoscibilità e rispetto per l’esistente, su tutti.Questi principi sono stati seguiti per il progetto di inserimento di una piattaforma elevatrice nel Collegio Cairoli, struttura gestita da EDiSU (Ente per il Diritto allo Studio Universitario di Pavia) che ospita circa 100 studenti dell’Università di Pavia.

COLLEGIO CAIROLI
Il Collegio venne fondato da Giuseppe II d’Austria nel 1781 e inaugurato nel 1783 come Collegio Germanico Ungarico per gli studenti di teologia del Regno Austro-ungarico usando l’edificio non completato del Convento di S. Francesco. In seguito venne chiuso dal Generale Napoleone Bonaparte nel 1796, che lo destinò a caserma. Tale destinazione rimase fino al 1947, quando su richiesta del prof. Plinio Fraccaro, Magnifico Rettore dell’Università, il Demanio Militare lo cedette all’Università di Pavia perché tornasse Collegio. I lavori di recupero e riqualificazione dell’edificio furono opera del Provveditore delle Opere Pubbliche della Lombardia e portarono alla realizzazione di una struttura con 80 camere “che ammettesse alunni senza limitazioni regionali, rispetto all’origine della famiglia” (Verbale del Consiglio dell’Opera Universitaria, 12 maggio 1948). Il collegio venne inaugurato ufficialmente il 6 novembre 1948 con la denominazione di Collegio Fratelli Cairoli, e all’epoca fu il terzo collegio della città (dopo le storiche istituzioni del Borromeo e del Ghislieri che ospitavano studenti ininterrottamente dal XVI secolo).Nel corso degli anni gli interventi di rifunzionalizzazione e riorganizzazione degli spazi portarono alla dotazione attuale di 100 posti letto per studenti e una decina di posti di foresteria per visiting professor e convegnisti e di un elevato numero di strutture e spazi collettivi: Aula Magna (capace di ospitare oltre 100 persone), sale riunioni, sala di lettura, sala della musica e sala TV, la palestra, oltre al Refettorio, un tempo mensa interna oggi usato per eventi sia della comunità collegiale che organizzati dall’Università o altre istituzioni culturali.Il Collegio si è dotato anche di una Biblioteca, che ospita attualmente più di 45.000 volumi. Da oltre 30 anni, inoltre, il Cairoli accoglie rassegne di arte moderna in spazi espositivi appositamente allestiti, che hanno favorito la costituzione di una collezione di oltre 400 quadri di particolare interesse.I Rettori che hanno guidato il Collegio (per statuto e tradizione i collegi universitari gestiti da EDiSU prevedono che la direzione della struttura sia affidata ad un docente dell’Università) si sono sempre attivati e prodigati per migliorare e valorizzare l’edificio, offrendo nuovi spazi e nuove iniziative, alcune aperte all’intera comunità universitaria ed in alcuni casi anche all’intera città.Tuttavia mai grande attenzione è stata riservata al problema dei collegamenti tra i diversi piani del collegio, affidandosi alle ampie scale esistenti, per dimensioni e collocazione all’interno dell’edificio anche idonee a soddisfare i requisiti di sicurezza degli ospiti. L’assenza di studenti con disabilità motorie e il pensiero che uno studente universitario sia persona giovane e dinamica hanno portato a destinare le risorse per gli interventi edilizi su altre criticità del collegio. Anche perché in altre due strutture gestite da EDiSU (Giasone del Majno e Volta) ci sono complessivamente dieci camere domotiche destinate a studenti con disabilità, ove eventualmente accogliere anche studenti con difficoltà temporanee nella deambulazione.
Nel 2013, il Rettore del Collegio di concerto con EDiSU ha però deciso di risolvere almeno l’accessibilità del piano primo dell’edificio (dove si trova l’Aula Magna e la maggior parte degli spazi collettivi e di socializzazione, tra cui anche la biblioteca) perché nei suoi proponimenti c’era (e l’attuale Rettore sta lavorando in assoluta continuità) una maggiore apertura delle attività culturali organizzate dal Collegio verso la città e l’intenzione di diffondere un messaggio di inclusione.L’attività di progettazione è stata affidata all’ing. Matteo Locatelli, con la consulenza del prof. Alessandro Greco, all’epoca Delegato del Rettore dell’Università per l’assistenza agli studenti con disabilità.

IL PROGETTO
Come già detto il Collegio non era dotato di ascensori o altri elementi di sollevamento meccanico per il collegamento tra i diversi piani dell’edificio. I collegamenti erano risolti dalle scale esistenti e le uniche rampe presenti (removibili) erano quelle di collegamento tra l’ingresso e il cortile (che si trova ad una quota inferiore rispetto alla piazza antistante il Collegio) e tra il cortile e gli spazi dell’ala sud est del Collegio, dove si trova la cappella.Il progetto è stato sviluppato secondo un approccio rispettoso dell’esistente, teso a mantenere inalterato l’assetto storico dell’edificio, ricercando la posizione migliore per evitare di intervenire sulle murature storiche, così da minimizzare gli interventi strutturali e ottenere un risultato reversibile.
Si è dunque andati alla ricerca di un’area dell’edificio che consentisse di intervenire con una addizione, evitando demolizioni ed interventi invasivi. L’area a doppia altezza corrispondente all’ex-androne dell’ingresso sud, vicino alla cappella, è apparsa da subito la soluzione più idonea, sebbene non consentisse di accedere all’ascensore direttamente dal porticato alla quota del cortile interno. Al piano terra, dunque l’ascensore si trova arretrato rispetto al porticato esistente e “sbarca” al piano primo sull’area antistante l’ingresso alla sala biliardi del Collegio, anche in questo caso arretrata rispetto al porticato di distribuzione del piano. Diversi sono i vantaggi derivanti di questa posizione:

  • la posizione arretrata rispetto al portico del piano terra e del piano primo ha consentito di non alterare la regolarità e rispettando l’immagine originaria del fronte porticato interno;
  • in adiacenza a questo spazio si trova un locale tecnico, idoneo ad ospitare il quadro elettrico della piattaforma elevatrice;
  • l’intervento è assolutamente reversibile in quanto non interessa nessun elemento strutturale dell’edificio e le poche demolizioni necessarie hanno riguardato una pavimentazione non originaria; si è solamente dovuto smontare una ampia finestra (ora conservata nei depositi del Collegio).

Il vano corsa è realizzato in acciaio e vetro, materiali che conferiscono leggerezza alla struttura e consentono di percepire immediatamente l’interno illuminato dell’ascensore. Questa scelta di materiali ha consentito di soddisfare il principio della riconoscibilità dell’intervento: in un edificio in muratura portante come il Collegio Cairoli, la presenza di una struttura in acciaio e vetro si dichiara in modo evidente come elemento realizzato in periodo storico diverso da quello originario. Il tema della riconoscibilità degli interventi per l’eliminazione o il superamento delle barriere architettoniche è ampiamente dibattuto in letteratura; alcuni ritengono opportuno che le soluzioni per il superamento dei dislivelli siano integrate nell’edificio esistente, fino a mimetizzarsi e confondersi con quanto realizzato nelle precedenti fasi di intervento, diventando parte integrante del complesso edilizio; altri ritengono invece opportuno poter riconoscere in modo chiaro e immediato i sistemi di collegamento verticale, leggendolo come l’apposizione di un nuovo layer rispetto alle diverse stratificazioni realizzate nel corso del passato. In questo caso la scelta dei progettisti, approvata dalla Soprintendenza, è stata quella di rendere il più riconoscibile possibile l’intervento.Il progetto rispetta le indicazioni del D.P.R. 236/892 relative alle dimensioni minime (1200×800 mm), tuttavia i requisiti della normativa sono stati assunti come punto di partenza per arrivare a definire una soluzione funzionale alle esigenze del Collegio e non come una indicazione fissa. Tenuto conto del contesto e della finestra esistente al piano primo, si è deciso di tenere la larghezza pari a metà del serramento (quello rimosso, pari a 1,3 m) e di sfruttare tutta la profondità possibile (circa 1,6 m). Queste dimensioni non hanno consentito la predisposizione di porte scorrevoli e pertanto si sono scelte, di concerto con la Soprintendenza, porte semplici ad apertura automatica, per facilitarne l’uso. Si è scelto un ascensore di tipo Gulliver-XL della ThyssenKrupp Encasa, tra i più indicati in quelli sul mercato per l’intervento sull’edilizia storica: tra le sue caratteristiche infatti c’è la necessità di soli 100 mm di fossa, con conseguente modesto scasso della pavimentazione esistente e realizzazione di una platea di fondazione estremamente contenuta.L’altezza del vano corsa è stata definita in funzione della parte di serramento mantenuta al piano primo: la struttura in acciaio riprende la geometria del serramento, con traversi e montanti che ne continuano il disegno; anche il colore, scelto di concerto con la Soprintendenza, si avvicina a quello del legno naturale del serramento lasciato in opera: in questo modo, l’ascensore quasi non si percepisce osservando dal lato opposto del cortile. Anche la cabina è realizzata in acciaio e vetro, con pulsantiera in rilievo e con caratteri Braille e dotata di sistema di chiamata in caso di emergenza.Al piano primo, la soglia è stata risolta con un piatto di acciaio, adeguatamente corrugato (per segnalare il passaggio dalla cabina all’esterno anche alle persone con disabilità visive o ipovedenti) che si appoggia sulla pavimentazione in pietra esistente e segnala adeguatamente l’ingresso all’ascensore.

CONCLUSIONI
L’ascensore è funzionante dal 2014 con piena soddisfazione degli studenti e degli ospiti del Collegio in occasione di eventi culturali aperti al pubblico.Il progetto che ha portato alla sua realizzazione è stato sviluppato nel rispetto dei caratteri originari dell’edificio storico, senza alterarne il chiostro interno, ma anche con l’esplicitazione del carattere tecnologico e industriale di un componente tipico del XXI secolo.Si può parlare in un certo senso di intervento sostenibile, e non solo per i bassi consumi energetici dell’impianto scelto, ma perché si può riconoscere una “sostenibilità” sociale e culturale dell’intervento di accessibilità e fruibilità: i riferimenti culturali che sostengono le scelte progettuali infatti si rifanno ad alcuni principi del Capability Approach e Human Development, concetti rintracciabili anche nel recentissimo documento dell’ONU Transforming our World – The 2030 Agenda for Sustainable Development (Settembre 2015).

Prof. Alessandro Greco & Ing. Matteo Locatelli
DICAr – Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura
Università di Pavia

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