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Scale e marciapiedi mobili: lo stato dell’arte

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Alla stazione della metropolitana londinese di Holborn una voce suadente, accompagnata da ologrammi, invita gli utenti della scala mobile ad abbandonare la pratica della salita camminando lungo lo spazio di sorpasso (a sinistra) e suggerisce ai passeggeri di posizionarsi in due su ogni gradino. Alla stazione della metropolitana londinese di Holborn una voce suadente, accompagnata da ologrammi, invita gli utenti della scala mobile ad abbandonare la pratica della salita camminando lungo lo spazio di sorpasso (a sinistra) e suggerisce ai passeggeri di posizionarsi in due su ogni gradino. In un mio articolo di qualche tempo fa pubblicato su Elevatori, avevo già deprecato il sorpasso in corsa, soprattutto perché l’utente non si tiene mai al corrimano. In caso di brusca fermata, infatti, si produrrà una quantità di moto da smaltire, pari alla somma delle velocità di corsa dell’utente e della scala mobile.I primi risultati emersi dall’esperimento effettuato alla stazione di Holborn segnalano che per ora non ci sono stati miglioramenti sensibili per quanto riguarda gli incidenti (riscontro non definitivo in quanto l’intervallo di tempo su cui è stata fatta la misura non è significativamente lungo). Tuttavia, sono stati rilevati una riduzione della congestione del traffico e un incremento del 30% del flusso di passeggeri.“I dati raccolti sul comportamento dei clienti hanno mostrato che il cambiamento è stato efficace solo mentre il personale era presente per incoraggiare il comportamento richiesto e non sono stati prodotti cambiamenti duraturi.” (“Stare su entrambi i lati delle scale mobili, il viaggio di Holborn”, Transport for London, Regno Unito, 2016). È interessante notare come cambia la percezione dell’innovazione (che in alcune metropolitane canadesi è ormai recepita e digerita) a seconda dei punti di vista. In modo schematico:

  • percezione degli addetti ai lavori (progettisti, tecnici operanti nel settore): in generale è positiva in quanto l’effetto benefico sul traffico e sulla sicurezza (pur non ancora misurato in quest’ultimo caso) sarà incontestabile;
  • percezione degli utenti: probabilmente, è considerata semplicemente una scocciatura (e su questa onda emotiva si è basato il report di alcuni giornali);
  • riflessione personale: ogni innovazione sulla sicurezza va presentata e gestita con mano di ferro in guanto di velluto e con adeguata comunicazione, ma senza mai mollare. Farei un parallelo con l’introduzione delle cinture di sicurezza nelle automobili. All’inizio non erano tra le priorità dei costruttori, poi furono introdotte per legge e poco, per di più di malavoglia, applicate. Ora fanno parte di un normale e quasi totalmente diffuso comportamento corretto: prevenzione, educazione e, dove necessario, sanzione hanno fatto il miracolo.

Prendendo spunto da questa notizia, che testimonia come anche piccoli interventi mirati possano produrre, prima o poi, un benefico effetto sull’utenza, ci si può domandare: e in Italia? Proviamo a riassumere alcuni interventi attesi e ben noti in tema di scale e tappeti mobili.

1. LEGISLAZIONE IN ITALIA

Le scale e i marciapiedi mobili sono sempre stati coperti dalla vigente Direttiva Macchine (2006/42/CE), quindi sono formalmente assimilabili a una qualunque macchina, con ovvia perplessità dei tecnici operanti nel settore. Una macchina di solito, si pensi alle macchine utensili, ha un operatore addestrato che la utilizza. Mentre per scale e marciapiedi mobili, l’utilizzatore è il passeggero stesso che nulla sa della macchina che usa, con evidenti e ben misurabili conseguenze sulla sua sicurezza. È quindi un appello di buon senso quello di chi auspica al più presto una legislazione (per scale ad uso privato non sotto gestione USTIF, Ufficio Speciale Trasporti e Impianti Fissi) che imponga almeno i seguenti obblighi:

  • comunicazione sul luogo di installazione e relative informazioni tecniche principali;
  • obbligo di manutenzione da parte di un tecnico qualificato (non a caso USTIF richiede che il tecnico manutentore abbia almeno l’abilitazione alla manutenzione dell’ascensore);
  • obbligo di manutenzione programmata periodica (come la “semestrale” per gli ascensori);
  • controlli periodici da parte di un organismo notificato.

A livello di normativa tecnica, nella EN 115-1 ed EN 13015 vi sono indicazioni su: procedure di manutenzione, qualifica del tecnico che opera sulla scala o marciapiede mobile, registro sulla vita della scala; ma ovviamente, senza un decreto cogente, sono solo opzioni che un attento cliente potrebbe richiedere.

2. USO DELLE SCALE MOBILIPER PERSONE CON DISABILITÀ

Nella prefazione della EN 115-1 si suggerisce genericamente di privilegiare l’uso di ascensori per la mobilità delle persone con disabilità. In realtà la problematica è molto più complessa. Se ci si riferisce a una grande utenza come quella ospedaliera appare evidente che la condizione di disabilità investe non solo i pazienti ma anche coloro che si recano in ospedale per una visita specialistica (e che potrebbero manifestare disturbi di natura psicologica nei confronti dell’utilizzo della scala o del marciapiede mobile). Sarebbe quindi opportuno sollecitare regole cogenti sulla installazione combinata di scale/marciapiedi mobili e ascensori. A tal proposito, il gruppo di lavoro GL11 della Commissione Ascensori di UNI – che già anni fa licenziò la norma UNI 11570 sui criteri di scelta e di installazione di un sistema ascensori nelle varie categorie di edifici – si è posto questo problema e ora sta aggiornando suddetta norma in tale ottica, considerando appunto una scelta ottimale l’installazione di scale e marciapiedi mobili in combinazione con ascensori.

3. INTERVENTI SULLE SCALE MOBILIESISTENTI

Il gruppo GL13 della Commissione Ascensori sta lavorando allo scopo di fornire una norma (come la raccolta UNI 10411 per gli ascensori) che regoli gli interventi su scale e marciapiedi mobili. L’obiettivo è quello di mediare al meglio fra lo stato dell’impianto su cui si opera e il livello di sicurezza come definito dalla vigente EN 115-1, tenendo conto ovviamente del livello quantitativo e qualitativo dell’intervento.

4. SCALE, MARCIAPIEDI MOBILIE CONSUMO ENERGETICO

Segnaliamo due tipi di norme riconosciute da organismi di formazione accreditati per quanto riguarda la valutazione dei consumi energetici. La prima è l’ISO 25475-3, che dà una classificazione energetica in funzione di ipotesi di uso, spesso però non coerenti con la realtà italiana. Applicando detta norma, buona parte delle scale e dei marciapiedi attualmente operanti ricade nella categoria migliore e quindi non vi è stimolo a un miglioramento tecnologico. Non a caso UNI non ha dato approvazione a questa norma. Ben più pertinente e interessante per il contesto italiano è la norma UNI CTI TS11300-6 che in termini parametrici cerca di dare una fotografia immediata del consumo energetico. Essa è stata elaborata da rappresentanti della Commissione Ascensori di UNI e di CTI (Comitato Termotecnico Italiano, unico ente deputato a trattare il consumo energetico negli edifici) e nasce da una esigenza operativa collegata alla Legge 90 del 2013 sul consumo energetico degli edifici. Non a caso gli stessi membri del gruppo di lavoro sono stati contattati da ENEA, su mandato del Ministero per lo Sviluppo Economico, per avere due formule atte a definire il consumo energetico massimo accettabile per ascensori e scale/marciapiedi mobili in un edificio (per ora si parla di terziario, ma il calcolo sarà esteso a ogni tipologia di edificio). Sulla base dell’esperienza maturata nella stesura della TS11300-6 e, per alcuni membri, anche sulla base del lavoro svolto per ISO, a settembre 2016 sarà disponibile la formula sintetica relativa al consumo energetico di scale e marciapiedi mobili. In ogni caso va sottolineato che si ritiene importante coinvolgere il cliente nella fase preliminare per definire “come, dove, quando, quanto e con quale modalità” opererà la scala/il marciapiede mobile. L’obiettivo è di non generare false aspettative di risparmio energetico, in quanto quest’ultimo non può essere legato solo all’installazione di dispositivi e componenti ma anche alla valutazione del contesto di uso.Dunque dopo Holborn, che ci ha lasciato con la Brexit, diamoci ora un po’ da fare noi.

Bruno Ciborra

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