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Torino, in città tra ascensori e biciclette

 In Accessibilità

Federica Villa

Intervista a Diego Vezza, Presidente della Consulta della Mobilità ciclistica e della Moderazione del Traffico di Torino.

In generale, quali sono i problemi che deve affrontare chi desidera muoversi in bicicletta all’interno del sistema intermodale della mobilità urbana di Torino?

Continuità, comodità e sicurezza: sono alcuni concetti basilari che purtroppo vengono spesso a mancare quando ci si sposta in bicicletta, specialmente nei centri urbani. L’infrastruttura ciclabile nelle principali città italiane è in forte crescita, ma non ancora matura. Assi ciclabili stretti, curve strette, zigzag attorno i dehor, percorsi interrotti nel nulla: è sempre un compromesso al ribasso, per non scontentare nessuno, specialmente l’elettorato. Ma è davvero impietoso il confronto con altre città europee, che ormai da anni hanno fatto della mobilità agile e attiva uno dei tasselli portanti del sistema di trasporto urbano. Questo in superficie.
Quando poi si presenta l’esigenza di spostarsi in verticale da una quota ad un’altra, con la propria bicicletta al seguito (ad esempio nelle stazioni ferroviarie, in presenza di sottopassi per raggiungere il binario o cicloposteggi che non sono a livello strada, oppure nei centri urbani per superare ferrovie o strade molto trafficate) la situazione si complica maggiormente.

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In questa pagina, esempi di integrazione del trasporto su bici nel mondo (Amsterdam, Olanda e Fukuoka, Giappone).

In questi casi, l’esperienza di chi sceglie la bicicletta si avvicina alle difficoltà di altri utenti deboli, forse i più deboli di tutti: le persone con ridotte capacità motorie, che si spostano con una sedia a rotelle. Gradini da affrontare, zone inaccessibili, ascensori piccolissimi, spazi non adeguati alla corretta movimentazione del mezzo. Manca quindi una progettazione adeguata alle esigenze più elementari di chi viaggia in bicicletta.

In particolare, quali sono i problemi dell’interazione bici-trasporto verticale (ad esempio ascensori e tappeti mobili)?

Le esperienze europee ci raccontano che il trasporto della propria bicicletta sui treni ha un’importanza rilevante negli spostamenti quotidiani, per il pendolarismo verso il luogo di studio e/o di lavoro, ma soprattutto gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo del cicloturismo, un settore che porta con sé forti potenzialità di crescita e di valorizzazione del territorio. Affinché il sistema “bici+treno” funzioni efficientemente, sono però necessarie alcune infrastrutture dedicate e irrinunciabili. Nel panorama italiano, l’’integrazione “bici+treno” è riconosciuta dalla Legge, 11/01/2018, n° 2 (G.U. 31/01/2018), “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta” e dal vigente “Piano Generale della Mobilità Ciclistica” (G.U. 12/10/2022): ogni amministrazione locale non dovrebbe più sottrarsi dalla realizzazione di cicloparcheggi (velostazioni) presso tutte le stazioni ferroviarie, pensando altresì a una comoda accessibilità al binario e poi al treno per chi decide di proseguire il viaggio con la bicicletta al seguito.

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Ma qual è il contesto italiano? Molte scale esistenti non sono state riadattate per il passaggio di biciclette. A volte si vedono scomode canaline ai lati, o troppo strette o troppo vicine al muro, obbligando a un grande sforzo nel tenere scomodamente inclinata la bicicletta, spesso attrezzata con borse da viaggio. Oppure si incontrano degli ascensori – sempre ammesso che funzionino – troppo stretti, o troppo corti, che obbligano a impennare la bici sulla ruota posteriore, con scarso equilibrio.
Se vogliamo davvero rendere attraente l’intermodalità, il servizio deve essere realmente accessibile: l’intero percorso, dall’ingresso in stazione fino all’imbarco sul treno, deve essere completamente percorribile anche dalle biciclette.
Ciò significa, sostanzialmente, garantire che i percorsi nelle stazioni siano correttamente segnalati e che siano eliminate le barriere architettoniche che costituiscono un ostacolo per le biciclette.
Si tratta di realizzare soluzioni che permettano di superare i dislivelli incontrati sul percorso: rampe, canaline lungo le scale, ascensori di dimensioni adeguate, tappeti mobili per l’accesso a raso ai treni.
L’attuale normativa sulle barriere architettoniche fissa gli standard per le persone disabili, ma non prevede analoghi standard per il trasporto delle biciclette al seguito. Muoversi con una bicicletta da turismo con le borse bagaglio, fra un livello e l’altro di una stazione, può essere molto difficile se non impossibile, se mancano soluzioni adeguate; specialmente con le sempre più diffuse ma più pesanti e-bike. Si veda a proposito il documento “Biciclette e barriere architettoniche, come superare i dislivelli” pubblicato dal Centro Studi FIAB a gennaio 2023.

Esistono esempi virtuosi, in Italia o in giro per il mondo, a cui i progettisti possono ispirarsi?

Per le best practice a cui ispirarsi, non ci resta che guardare fuori dai confini nazionali, laddove già da diversi decenni la trasformazione ha avuto inizio e ora i risultati sono straordinari, agli occhi di tutti. L’Olanda in primis. Città come Amsterdam, Utrecht, L’Aia, possiedono i maggiori parcheggi dibiciclette all’interno delle stazioni ferroviarie. Progetti avveniristici, moderni, attraenti. Accessi comodissimi, dislivelli superabili agilmente grazie a comode rampe e tappeti mobili, progettati a volte come un vero landmark urbano, con un notevole investimento economico. Si tratta della soluzione migliore, che non prevede attese e spazi ristretti e limitati. Anche Germania e Svizzera hanno casi eccezionali di accessibilità alle stazioni. Persino in Giappone, in città come Fukuoka, sono numerosi i casi di ascensori perfettamente accessibili alle biciclette.

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In generale, particolare attenzione andrebbe data alle biciclette da turismo, cariche di bagagli: esse necessitano di ascensori di dimensioni adeguate a contenere una bicicletta in orizzontale, ossia con entrambe le ruote appoggiate a terra. Per una bicicletta da turismo XXL, la dimensione minima consigliata del vano interno di un ascensore sarebbe di m 2,0 x 1,0 (per il trasporto di una bicicletta alla volta). Una forma in pianta più quadrata è accettabile, a condizione che la diagonale sia almeno di m 2,0.
Oggi invece sovente ci troviamo obbligati a inserire la bicicletta in verticale, in posizioni potenzialmente pericolose e di scarso equilibrio.
La normativa sulle barriere architettoniche detta le dimensioni minime degli ascensori. Il Decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236, stabilisce le dimensioni minime negli edifici di nuova edificazione, non residenziali: cabina 1,4 m di profondità e 1,1 m di larghezza. Queste dimensioni permettono di trasportare quasi tutte le biciclette, in diagonale, con la ruota anteriore sterzata e le borse da viaggio laterali posteriori. Tuttavia, occorre tenere presente che si tratta di dimensioni minime, non massime. Possono essere quindi adottate dimensioni maggiori se opportuno. Pertanto, sarebbe necessario dimensionare i nuovi ascensori in modo da poter ospitare le biciclette con sufficiente facilità, senza bisogno di incastrarle con manovre scomode.

Qualche dato per capire quante persone usano oggi la bici per spostarsi e potenzialmente quante potrebbero essere se il sistema fosse adeguato al passaggio da un mezzo all’altro.

In Olanda, il 45% degli utenti del treno arriva in stazione in bicicletta, in Francia tale percentuale scende al 6%. In Italia non arriviamo al 2%. C’è dunque un grande potenziale da sviluppare, una domanda latente da intercettare. Serve che le amministrazioni locali diano una nuova possibilità di scelta ai cittadini, scelta che oggi è fortemente limitata. In Olanda, nelle stazioni ferroviarie sono stati realizzati grandi parcheggi per le biciclette, con capienze di migliaia di posti ciascuno (a Utrecht si raggiunge il picco con oltre 12 mila posti bici. Come paragone, a Torino c’è solo una velostazione, da 100 posti.

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