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La durata del componente macchina / argano

 In Tecnica

Quaderni ANICA – Stefano Bertoni, Lorenzo Calvi, Antonio Imbimbo & Antonio Lizza

Asse Lento 

Le macchine moderne sono essenzialmente isostatiche, ossia con asse lento su due supporti. In passato si tendeva a preferire la configurazione iperstatica con asse su tre supporti, essenzialmente in virtù del largo uso di bronzine in luogo dei cuscinetti moderni. Tali cuscinetti vengono preferiti lubrificati a vita e sigillati, per evitare contaminazioni e conseguenti deterioramenti da parte di materiale o lubrificanti esterni. 

Materiali e finiture degli alberi sono di estrema qualità, data la centralità di tale componente. Particolare attenzione si presta al profilo di variazione delle sezioni, adeguatamente graduale, al fine di evitare sezioni critiche dove gli effetti di intaglio, combinati alle sollecitazioni affaticanti, possono portare all’insorgere di problemi negli anni. 

Foto 1

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Tratto di variazione sezione (nel cerchio verde) e punti di appoggio (indicati dai triangoli verdi).

Le EN 81-20 e 50 impongono la trasmissione della coppia attraverso mezzi meccanici positivi, motivo per cui, sia lato puleggia che lato accoppiamento corona/asse lento, sono previste linguette con le relative cave. Tali profili rappresentano naturali punti di accumulo delle sollecitazioni e, pur avendo alberi isostatici, operazioni intercorrenti durante la vita dell’argano (quali la sostituzione della puleggia di trazione, se non fatta secondo le specifiche del fabbricante) possono rappresentare un problema per la durata e la funzionalità del componente. 

Tipico esempio è l’accoppiamento con flangia frontale tra asse lento e puleggia, in cui gioca fondamentale importanza la giusta conicità della flangia. 

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Flangia di accoppiamento puleggia/asse lento. 

Un errato fissaggio, sia per problemi di montaggio sia per un errore nella giusta conicità, può portare nel tempo un vero e proprio disaccoppiamento tra le parti. In presenza di carichi impulsivi, come le prove dei componenti di sicurezza ma anche nei semplici cicli di lavoro, potremmo avere quindi forti concentrazioni di tensioni nella cava della linguetta, con la possibilità di immediato danneggiamento (ad esempio alla prova paracadute) della puleggia (costituita in ghisa) o con danni tipici ‘a fatica’ negli alberi (realizzati in acciaio), molto insidiosi poiché prolungati nel tempo, silenti e spesso occulti. 

Le ‘cricche’ partono dalla ‘cava linguetta’, per propagarsi lungo l’albero sotto forma di rottura, fino al verificarsi della rottura di schianto che interessa l’ormai esigua sezione ancora al lavoro. 

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Tipico andamento della rottura a fatica negli alberi: si nota la sezione della rottura finale (in verde). 

Anche la sostituzione di cuscinetti, nel caso in cui non si utilizzano mezzi adeguati, può provocare danneggiamenti locali sull’asse, da cui poi si vanno a propagare le cricche, fino ad arrivare alla rottura a fatica. Nel caso si fosse danneggiato l’asse, non bisogna, per nessuna ragione, provare a riparare il danno, ad esempio a mezzo saldature. Questo provocherà un’alterazione delle caratteristiche meccaniche, localmente, e sarà innesco di rottura. Un asse danneggiato deve essere sostituito. 

Alberi iperstatici sono ancora possibili, ad esempio nel caso si abbia la puleggia a distanza maggiore dal corpo macchina (asse lento lungo), ma in tal caso non sarà possibile inserire un freno di emergenza (dispositivo anti UCM) sull’albero. Particolare attenzione nel perfetto allineamento dell’albero deve essere fatta, nel montaggio di una configurazione del genere. 

Tali configurazioni sono spesso tipiche di argani posti in basso o comunque a lato del vano. Al fine di evitare disallineamenti diventa molto importante anche implementare dei telai di “nicchia” adeguatamente rigidi e opportunamente regolabili, che vanno ad assorbire completamente le deformazioni indotte dalla configurazione “a sbalzo”. 

Schema di telaio di nicchia per albero iperstatico. Notare la grande rigidezza del telaio, le regolazioni, gli antivibranti e l’attacco dell’appoggio intermedio dell’albero, fatto al di sotto della parte superiore telaio. 

Vite senza fine

La vite senza fine realizza l’accoppiamento tra l’asse lento e l’asse motore, grazie all’interposizione della corona. La vite di per sé non è soggetta a grosse sollecitazioni ‘a fatica rotante’, essendo piuttosto compatta e confinata tra i supporti. Una buona progettazione del profilo della vite, mette al riparo dagli effetti di intaglio. 

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Vite senza fine: si noti l’andamento degli sforzi normale e trasversali, instaurati dal contatto con i denti della corona. 

L’aspetto più importante per il corretto funzionamento dell’accoppiamento vite/corona e per la salvaguardia dell’integrità delle parti è rappresentato dalla lubrificazione.

L’utilizzo dei moderni lubrificanti sintetici, adeguatamente additivati per le alte pressioni, va abbinato ad una particolare cura della finitura superficiale delle parti. In una condizione ideale, le rugosità delle parti, sono tali da non creare nessun contatto vero e proprio, onde permettere l’instaurazione di un meato omogeneo di lubrificante in pressione, preservando dalle usure che metalli di differenti caratteristiche, indurrebbero l’uno nell’altro. Un meato di adeguato spessore, ovviamente, riduce notevolmente l’attrito. 

Una criticità nelle condizioni di lubrificazione, per degrado, errata scelta del lubrificante o interposizione di materiali derivanti dall’usura delle parti, può portare verso la rottura. 

La nascita di attriti localizzati per problemi di lubrificazione crea innalzamenti di temperatura locali, tali da incrudire l’acciaio degli elementi. Il conseguente cambio di caratteristiche meccaniche, porta a danneggiamenti. 

Analoga importanza riveste l’acidità del lubrificante (che cresce in caso di degrado dello stesso), i cui effetti possono essere l’aggressione chimica delle parti. Questo prescinde dalla corretta viscosità e una banale sostituzione di lubrificante, può creare problemi. 

Corpi in ghisa

Attualmente si preferisce realizzare i corpi in ghisa dei motoriduttori, in unico pezzo. Questo permette di realizzare componenti più robusti, più compatti che sfruttano il comportamento particolarmente idoneo della ghisa a sopportare carichi in compressione e che meglio trasferiscono i carichi al telaio sottostante.

Il corretto “funzionato” della parte strutturale di un motore, è tale solo se l’interazione tra telaio e macchina è corretta. Particolare importanza riveste scelta del materiale e le dimensioni dei tamponi e del materiale antivibrante. Tale aspetto è importante anche per i motori gearless, in particolare nella configurazione MRL, in vani dove particolari criticità possono manifestarsi. In particolare, data la prossimità, gli antivibranti prossimi alla puleggia di trazione sono soggetti a sollecitazioni molto più marcate degli omologhi più distanti. 

Fenomeni analoghi sono intrinsecamente pericolosi (il motore poggia praticamente solo su un lato) e provocano inclinazioni tali da far lavorare le funi ai lati delle gole, con la conseguente compromissione delle condizioni di aderenza dovute all’usura anomala dei fianchi gole. L’interposizione di una piastra verso la puleggia, con materiale antivibrante esteso, mette a riparo da questo fenomeno. 

Freni

Anche la recente UNI 10411-1:2021 ha riportato l’attenzione sui freni di macchina. Gli attuali standard normativi prevedono che le parti meccaniche che operano l’azione frenante, siano indipendenti tra loro, e ciascuna capace di frenare efficacemente il pieno carico, indipendentemente dall’altra. Il solenoide invece, può essere comune. Non sempre è facile distinguere l’effettiva indipendenza meccanica degli elementi frenanti, difatti alcuni freni, pure avendo due elementi frenanti a sé, funzionano in maniera tale che un singolo guasto può inibire il funzionamento di tutto il gruppo.

Empiricamente, ma non in maniera assolutamente esatta, vedere un elemento assiale unico che collega le due ganasce, su cui sono alloggiate le molle, comporta spesso avere una dipendenza degli elementi.  

Gestione dei motori gearless

Operazione di particolare importanza per il corretto e confortevole funzionamento di un motore gearless è la fasatura iniziale. Generalmente questa procedura è automatica e viene fatta dall’inverter, e consiste nell’allineare campo elettrico statore e rotore. Solo un inverter correttamente parametrizzato potrà effettuare una corretta fasatura, attraverso il tuning. Effettuare più tuning successivi è importante onde verificare di avere lo stesso risultato in termini di angolo encoder. Questo assicurerà una costante di coppia più elevata possibile e minori correnti. Ulteriore prova da fare prima di caricare la puleggia, è far ruotare la macchina in entrambi i sensi e controllare di avere la medesima tensione, e correnti molto basse, nell’ordine di 0,3 / 0,5 A. Una volta messo in tiro l’impianto, va controllato che la corrente massima misurata, sia coerente con quella indicata in targa.

Queste attenzioni permetteranno al motore di funzionare nei range di tensione ottimali, evitando fenomeni di sovramodulazione da parte dell’inverter, forieri di vibrazioni. Analogamente una corretta regolazione, e quindi regolari assorbimenti di corrente entro i nominali, eviterà che la corrente in eccesso che il motore non è capace di trasformare in coppia, genererà calore, con il conseguente progressivo deterioramento del motore.

I parametri principali da tenere conto quando bisogna operare una regolazione di fino, per la quale non possiamo lasciare i parametri di default dell’inverter, sono il guadagno proporzionale dell’anello di corrente (l’ampiezza con cui viene effettuata la regolazione) e il tempo di integrazione dell’anello di corrente (rapidità di integrazione). Analogamente si può intervenire sull’anello di velocità, tenendo presente che è in base al regime di marcia, cambiano i guadagni di velocità, essenzialmente settando idoneamente le frequenze di “transizione”.

‘Gioco’ tra i denti negli argani per ascensore

Per gioco intendiamo quel gap tra denti della vite con la corona, indispensabile per trasmettere il moto nelle corrette condizioni di lubrificazione. Tale gap è destinato ad aumentare nel corso della vita utile della macchina, sotto effetto delle inevitabili usure; Una corretta progettazione dell’azionamento garantirà appunto il minimo di gioco necessario al funzionamento, provando nel contempo a garantire una maggiore durabilità nel tempo. 

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Rappresentazione del gioco vite/corona. 

In tal senso l’istaurazione del corretto meato di lubrificante garantisce dai fenomeni di surriscaldamento che, come noto, comportano una dilatazione dei componenti metallici, con conseguente riduzione del ‘gioco’ stesso, potendo quindi generare un fenomeno di degradoa cascata. 

Un corretto dimensionamento del gioco tiene conto necessariamente della temperatura, come da formula seguente che definisce il valore del gioco.

Relazione tra temperatura e gioco. m = modulo assiale; 𝑍2= numero denti; T = temperatura.

È evidente quindi che non il giusto valore del gioco dipende dalla specifica macchina e dal suo rapporto di riduzione.

Lo spessore del dente diminuisce progressivamente e non deve assottigliarsi a tal punto da compromettere la sicurezza. Nel caso degli ascensori normalmente il gioco si avverte e diventa fastidioso molto prima di raggiungere condizioni limite. Esempio sobbalzo della cabina quando si entra e si esce o sobbalzo al passaggio di velocità durante il rallentamento al piano.

Una condizione limite generalmente usata è che il gioco massimo non deve superare: 0.3 m con m modulo assiale.

Seppur le macchine sono costruite e provate in modo tale da garantire il perfetto funzionamento sin dalla prima corsa, esiste una fase di rodaggio tipica, durante la quale si assiste ad un rapido aumento del ‘gioco’ nella prima fase, salvo poi evolvere molto più lentamente, a rodaggio effettuato. Generalmente la fase di rodaggio dura dalle 200 alle 600 ore di funzionamento. 

Sull’impianto il gioco può essere valutato in loco bloccando l’asse lento, ruotando la vite senza fine e misurando l’angolo di rotazione o misurando l’arco di cerchio su un diametro noto. Per bloccare l’asse lento senza dover sollevare le funi dalla puleggia di trazione è sufficiente, con cabina vuota, appoggiare il contrappeso sugli ammortizzatori.

Bisogna però prestare attenzione verificando che non ci sia movimento assiale della vite senza fine o che sia molto piccolo e quindi trascurabile (centesimi di millimetro) in quanto questo si aggiungerebbe al gioco e falserebbe la misurazione.

Mentre la misurazione del valore minimo di gioco non ha molta importanza in quanto, le macchine vengono fornite già collaudate e tale gioco dipende da macchina a macchina e dal rapporto di riduzione e quindi non è un valore universale, i valori massimi sono di certo maggiore interesse.

Ogni costruttore specifica un metodo e il valore massimo di gioco ammissibile per i propri argani; tuttavia, considerando che il gioco massimo non deve superare 0.3 m, ne consegue che l’arco formato con tale valore è circa 35°, che sommato al gioco iniziale può portare a circa + 2°-3 °. 

È consigliabile non raggiungere tale valore massimo, in quanto la macchina dovrebbe essere fermata, ma limitare il gioco ad 1/16 di 360° (circa 22°), per permettere un abbondante tempo di preavviso prima di un reale pericolo. 

Angolo di rotazione a vuoto oltre il quale non è opportuno andare. 

Usura delle gole 

L’usura delle gole è un fenomeno causato da molteplici e complessi fattori correlati tra loro che necessariamente si genera nel tempo per naturale interazione di parti che inevitabilmente finiranno ad essere in moto relativo tra loro. 

E’ documentato che la principale causa di usura è la pressione specifica generata dalla tensione della fune sulla gola della puleggia, senza considerare errori di montaggio e bilanciamento delle tensioni delle funi; tuttavia, non bisogna dimenticare fenomeni relativi a velocità periferiche differenti delle funi.  

Infatti, pur essendo le funi vincolate agli stessi attacchi (arcata, contrappeso), il semplice fatto che abbiano diametri non esattamente uguali, sia per fenomeni di strizione non omogenea, sia perché di versi di cordature differenti (e quindi non perfettamente uguali in diametro), porta a far viaggiare le funi a velocità diverse, essendo le più sottili più vicine all’asse di rotazione, rispetto a quelle dal diametro maggiore (beninteso, si parla di decimi di mm!). A parità di corsa, le funi più esterne avranno percorso una distanza maggiore di quelle più interne, dovendo effettuare uno scivolamento per ritrovarsi poi tutte nella stessa posizione rispetto agli attacchi. Ne consegue quindi che l’usura maggiore di una fune perché non adeguatamente equitensionata (poiché leggermente diversa in diametro dalle altre) provocherà un fenomeno degenerativo a cascata, destinato a peggiorare rapidamente. Anche per questo motivo, ove possibile, le funi dovrebbero avere tutte lo stesso verso di cordatura, e appartenere allo stesso lotto. 

Tornando alla pressione specifica sin dalla EN 81-1:1998 e quindi anche nelle attuali EN81-20 e 50 non viene più presa in considerazione perché tali norme metto l’accento sulla sicurezza e non di prestazione e l’usura dalla puleggia non è considerata un reale pericolo mentre l’usura o la rottura delle funi lo sono. Tuttavia, è evidente che è un errore non considerare la pressione specifica nelle gole se si vuole garantire una lunga durata anche alla puleggia di trazione o meglio di frizione.

In letteratura si trova molto a riguardo e, una corretta valutazione della pressione specifica ammissibile, dovrebbe tener conto della velocità, dell’intensità di utilizzo.

Analiticamente questa famiglia di curve risponde alla relazione: P PD = (12.5 + 4 VC) / (1 + VC) x k (N/mm2)

Con k = (52 –(z / 60)2 –z / 60) / 50    dove  z = avviamenti/ora

Ulteriore parametro da considerare per garantire una maggiore durata delle pulegge, è la corretta scelta della durezza del materiale costituente le pulegge, rispetto a quella dei fili esterni delle funi.

Valutazione dell’usura: gole a “U”

Uno dei valori che è possibile misurare per avere indicazione del grado di usura raggiunto dalle gole, è la penetrazione della fune nella gola. Purtroppo, non esiste un valore unificato e tali considerazioni possono variare da fabbricante a fabbricante. Generalmente è possibile dire che per funi da 8 a 16 mm per pulegge con gole semicircolari e con intaglio, la penetrazione della fune nella gola, rispetto alla condizione iniziale non deve superare d/2-6 mm.

Più in generale ancora, l’usura della gola semicircolare con intaglio, non pregiudica l’aderenza fino a che la fune tocca sul fondo dell’intaglio

Tuttavia, una usura non uniforme che porta differenze di profondità tra una fune e l’altra maggiori di 1 -1.5 mm indica un problema serio che deve essere valutato essendo sintomatico del fenomeno di scorrimento relativo tra le funi per differenza di velocità.

Valutazione dell’usura: gole a “V”

Quando le gole a V cominciano a usurarsi diventano delle gole semicircolari con intaglio dove l’aderenza non è più garantita dall’angolo 𝛾 ma dall’angolo 𝛽. Data la maggiore complessità del fenomeno di aderenza, vanno fatte considerazioni più articolate.

Si definisce “consumo relativo U/d” il rapporto tra la penetrazione U della gola ed il suo diametro; esso sarà collegato a parametri geometrici degli angoli in gioco secondo la relazione.

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La penetrazione della fune modifica anche il reale angolo 𝛽.  Si definisce “usura specifica della gola R” il seguente valore: 

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È sconsigliabile avere una usura specifica R 8%.

Come già specificato con gole semicircolari, l’usura deve presentarsi in modo uniforme su tutte le gole.

Nel caso di usura non uniforme lo stato di sicurezza relativo all’aderenza deve essere valutato con un test o effettuando il calcolo considerando la gola più usurata.

Esempio 1:

Gola a V con angolo γ = 35°e con una usura specifica dell’8%, corrisponde ad una gola semicircolare ad intaglio con angolo β di 99°.

Con una fune diametro d = 10 mm la profondità di penetrazione U risulta essere 13.2 / 100 x 10 = 1.32 mm. L’aderenza deve essere quindi nuovamente verificata come se l’impianto avesse le gole semicircolari a 99°

Esempio 2:

Su una puleggia con fune diametro 10 mm e angolo γ di 38° si rileva una profondità di usura di 1 mm.

Si calcola quindi U/d = 1/10 = 0.1 0 10%

Il grado di usura specifica più vicino al valore trovato è R=6. Si ricava quindi che l’angolo β corrispondente è 101°

Valutazione dell’usura: gole temprate

Le normative EN81-1:1998 e successive EN81-20 e 50 prescrivono che le gole a V, senza intaglio, debbano essere temprate, questo per evitare il più possibile una usura precoce e diminuire quindi l’aderenza.

La tempra su pulegge in ghisa può portare la durezza superficiale a valori superiori di 50 HRC che corrispondono ad una durezza superiore a quelli dei fili della fune.

Un effetto usura sulle gole c’è comunque e quindi è consigliabile comunque limitare la pressione specifica come da formula.

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Pressione specifica con T = Tiro lato più pesante, n = numero funi, d = diametro funi, D = diametro puleggia, γ = angolo d’intaglio.

Va considerato che non appena l’usura supera lo spessore di tempra, si ha un degrado rapido della gola con conseguente peggioramento dell’aderenza. Detto sp lo spessore della tempra (dichiarato dal fabbricante della puleggia) si ha che: 

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Aderenza

Intimamente connesso al fenomeno dell’usura delle gole, vi è il concetto dell’aderenza. Di seguito viene illustrato il metodo classico di misurazione da effettuare sul posto. 

Attualmente la normativa EN 81-20 (PAR. 5.5.3) prevede il calcolo dell’aderenza con ampi margini di sicurezza e prevede un controllo (PAR. 6.3.3) in fase di prima installazione. L’aderenza deve essere provata eseguendo numerose fermate, nella condizione di frenata più severa e la prova deve essere eseguita in salita con cabina vuota e in discesa con il 125% del carico.  Nulla viene detto circa il valore di scorrimento relativo ‘ammissibile’ e l’unico requisito richiesto è che si deve ottenere il completo arresto della cabina. 

L’unico modo possibile per monitorare il mantenimento delle condizioni di aderenza è ripetere nel tempo le prove, avendo cura di annotare i risultati onde monitorare la deriva del risultato nel tempo.  

La prima prova consiste banalmente nel contrassegnare funi e puleggia ed effettuare la corsa a vuoto in salita e con il 125% del carico in discesa, e rintracciare lo scostamento del contrassegno, alla fine di ciascuna corsa. 

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Schematizzazione prova di scorrimento classica. 

Esistono due tipi di slittamento delle funi sulla puleggia di trazione: 

  • Uno è dovuto al diverso tensionamento delle funi tra l’entrata nella puleggia motrice e l’uscita e alla pressione nelle gole che deforma la fune stirandola. 
  • L’altro è lo slittamento dovuto a una mancata aderenza sulla puleggia: quest’ultimo è pericoloso se si verifica nelle condizioni normali di funzionamento dell’ascensore. 

Per valutare il fenomeno occorre definire i concetti di:

  • Corsa lunga: è la corsa di andata e ritorno che avviene sull’intera corsa impianto;
  • Corsa corta: è la corsa di andata e ritorno, che avviene tra piani prossimi tali però da aver permesso all’impianto di raggiungere la velocità nominale.

Il primo tipo di slittamento, definibile elastico, è tale che le differenze di slittamento durante l’accelerazione e una decelerazione sia nella corsa lunga che in quella corta si compenseranno reciprocamente e la scivolata relativa ottenuta per entrambe le corse sarà la stessa.

Dove esiste vero slittamento, la quota relativa di slittamento non è così grande durante la corsa lunga come durante la corsa corta.

Pertanto, una differenza di slittamento relativo tra corsa corta e lunga indica immediatamente che è stata inserita una zona di slittamento pericolosa, trattandosi per l’appunto di un problema di mancanza di aderenza. Per capire esattamente il fenomeno preponderante, si devono confrontare i due risultati in corsa lunga e corsa corta ricavando come scorrimento durante la velocità costante il risultato calcolato sottraendo lo scorrimento durante la corsa breve dallo scorrimento durante la corsa più lunga poiché si presume che le fasi di accelerazione e decelerazione siano uguali.

Definiti quindi:

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Si calcolano le percentuali di scorrimento relativo secondo le formule seguenti: 

     Corsa corta:

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Corsa lunga:

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Se 𝑆𝑠 ≥ 𝑆𝑐, c’è un vero slittamento durante l’accelerazione e si è in situazione di pericolo.

Esempio:

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Si ha:

Slittamento in corsa corta:

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Slittamento in corsa lunga:

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Si nota che lo slittamento in corsa corta è percentualmente maggiore di quello in corsa lunga, e pur risultando di un valore contenuto, così come il valore di slittamento in corsa lunga, il metodo ci allarma su un fenomeno di slittamento vero e proprio in atto.

Al netto delle difficoltà esecutive della prova, questa metodologia è valida anche per le macchine gearless.

Biografia

Stefano Bertoni, ingegnere, Direttore Tecnico di Montanari Giulio & C. Srl.

Lorenzo Calvi, ingegnere, Direttore Tecnico di Alberto Sassi Spa.

Antonio Imbimbo, ingegnere, consulente tecnico e membro del Direttivo ANICA è Direttore Generale IDECA S.R.L. 

Antonio Lizza, ingegnere e consulente tecnico, è Direttore Tecnico presso VIS CERTIFICAZIONI s.r.l. 

Bibliografia

Documentazione di supporto presentata da Alberto Sassi SpA  al Webinar ANICA del 17 settembre 2020. 

Documentazione di supporto presentata da Montanari Giulio & C. Srl al Webinar ANICA del 17 settembre 2020. 

QUADERNI ANICA

Il presente articolo fa parte del nuovo progetto editoriale ‘Quaderni ANICA’, realizzato da ANICA (Associazione Nazionale Industrie di Componenti per Ascensori) in collaborazione con Elevatori Magazine: una serie di articoli che divulgheranno i contenuti tecnici di alcuni webinar organizzati dall’associazione, grazie al contributo di gran parte dei Costruttori di componenti e rivolti a tutti gli operatori della filiera ascensoristica.

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