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L’evoluzione dei motori degli ascensori

 In Tecnica

Vittorio Mazzoni (SMS Sistemi e Microsistemi, Bologna, Italy) & Bruno Santarelli (IGV Group, Milano, Italy)

L’articolo ‘L’evoluzione dei motori degli ascensori’ è stato pubblciato pe rla prima volta su Elevatori Mangazine nel 2018

Da quando nel 1880, l’inventore tedesco Werner von Siemens applicò per la prima volta il motore elettrico a un ascensore, molte cose sono cambiate. Lo sviluppo della tecnica ha portato innumerevoli modifiche ai motori elettrici aumentandone le prestazioni, riducendone consumi e dimensioni. Le regolazioni elettroniche, introdotte nell’ascensore a partire dagli Anni ‘60 del secolo scorso, hanno aumentato notevolmente il comfort di marcia consentendo di installare ascensori sempre più veloci e confortevoli. Tralasciando i primi motori usati fino agli Anni ‘20, ci limiteremo ad analizzare i motori installati successivamente: alcuni sono ancora in servizio, conservando le caratteristiche originali (pur avendo prestazioni non ottimali), altri sono stati riavvolti quando le società distributrici dell’energia elettrica hanno variato tensione e/o frequenza di rete.
Di seguito analizzeremo i motori classificandoli in due grosse famiglie:

  • motori ad avviamento diretto da rete;
  • motori regolati in velocità.

MOTORI AD AVVIAMENTO DIRETTO
Questi motori (sia a una polarità sia ad avvolgimento statorico multipolare) sono caratterizzati da un collegamento diretto alla rete, senza possibilità alcuna di limitare la corrente assorbita né di regolare l’accelerazione del motore limitata unicamente dalle masse volaniche del sistema. Durante la fase di avviamento, al motore viene richiesta la massima coppia sia per vincere gli attriti di primo distacco sia per lanciare in velocità le masse rotanti e traslanti. La necessità di grandi coppie di avviamento (22,5 la nominale), con la minima corrente di spunto per non “appesantire” le reti di distribuzione (si sono visti impianti in cui alla partenza dell’ascensore si abbassava la luce dell’edificio), ha portato il mondo dell’ascensore ad avere motori molto particolari, del tutto diversi dai motori usati comunemente nell’industria, sia per le caratteristiche elettriche, sia per la costruzione meccanica che deve garantire uno scorrimento assiale del rotore. Analizziamo di seguito i motori maggiormente utilizzati.

Motori a rotore avvolto
 Questi motori, usati generalmente fino agli Anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso, sono caratterizzati da una bassissima resistenza rotorica, da una alta corrente di avviamento (fino a 1516 volte la corrente nominale) e da una bassa coppia di spunto. Per ottenere le coppie richieste e limitare l’alta corrente di avviamento, venivano inserite delle resistenze rotoriche all’avviamento, collegate all’avvolgimento tramite gli anelli di fase, che venivano totalmente escluse terminata la fase di accelerazione. In questo modo si abbassava notevolmente la corrente richiesta alla partenza, aumentando contemporaneamente la coppia del motore. È facile intuire che un motore di questo genere, pur garantendo un buon funzionamento dell’ascensore, richiedeva una installazione costosa e complicata, ragion per cui si sono cercate soluzioni più semplici ed economiche.

Figura 1 – Macchina MB100 con rotore ad anelli

Motori asincroni a gabbia con singolo avvolgimento
Questi sono i motori più diffusi: sono robusti, di facile applicazione ed economici. I primi motori a gabbia, all’inizio a sei poli e successivamente a quattro poli, non erano specifici per l’applicazione negli ascensori. Erano motori industriali, con gabbia in rame, che presentavano alcuni inconvenienti come per esempio le elevate correnti di avviamento (1012 volte la nominale) e le coppie di spunto limitate ( 2 volte la nominale). Presentavano problemi molto simili ai motori ad anelli, senza però la possibilità alcuna di ridurre le correnti di avviamento né di aumentare la coppia di spunto. L’unico vantaggio era l’economicità costruttiva del motore. Successivamente sono nati i motori specifici per l’applicazione nel sollevamento come ascensori, gru e carri ponte: la principale differenza dai precedenti è data da una gabbia costruita in modo diverso, generalmente in pressofusione, di una lega metallica tale da rendere l’impedenza rotorica maggiore. Con questi motori la corrente di avviamento è scesa a 3,54,5 (nominale), garantendo allo stesso tempo una coppia di spunto di 22,5 (nominale). L’unico inconveniente è una consistente variazione di velocità del motore, da vuoto a carico: in genere 810%, ma in alcuni casi anche maggiore.

Motori asincroni a gabbia con doppio avvolgimento
Per rendere più confortevole la corsa dell’impianto, attenuare il “colpo” all’arrivo e aumentare la precisione della fermata al piano, dagli Anni ‘50 si sono usati motori a doppia polarità statorica (4/16, 6/24, 4/24 poli) e motori Dahlander 4/8 poli. L’avvolgimento a bassa polarità viene usato per l’avviamento e la corsa, l’alta polarità viene inserita a una certa distanza dal piano, con conseguente riduzione della velocità all’approssimarsi della fermata, rendendo più confortevole l’arresto al piano. Questi motori hanno consentito di costruire ascensori ad avviamento diretto fino a una velocità massima di 0,81 m/s. Per velocità superiori (fino a un massimo di 1,21,5 m/s), per rendere tollerabile il comfort di marcia, si inserivano resistenze statoriche, sia in avviamento sull’avvolgimento a bassa polarità sia in rallentamento sull’avvolgimento ad alta polarità. Tali resistenze dovevano essere escluse terminate le fasi di accelerazione e rallentamento al piano da appositi temporizzatori, che rendevano complessa la manovra del quadro di comando con grande dissipazione di calore, specie in impianti a elevato numero di fermate e/o di corse, con una variazione delle coppie e della fermata dovuta al variare della resistenza statorica con il calore.

Motori con rotore esterno
Tra i tanti tipi di motore usati nell’ascensore (B3, B5, ecc., con rotore su cuscinetti o con bronzine, ecc.), meritano una citazione i motori a rotore esterno, che hanno avuto un discreto successo per l’economicità dell’applicazione. Le caratteristiche elettriche di questi motori erano le stesse dei motori tradizionali, ma, dal punto di vista meccanico, avevano l’avvolgimento di statore interno, con la parte rotante esterna, la quale allo stesso tempo fungeva da rotore, da tamburo del freno e da massa volanica, per limitare le accelerazioni e le frenate. Venivano costruiti con avvolgimento a una o a due polarità, come i motori tradizionali, ma, nelle applicazioni in impianti a una polarità con un’elevata intermittenza di funzionamento, man mano che il rotore/tamburo di frenatura si scaldava cambiavano gli attriti ferodo/tamburo per cui cambiava in modo sensibile il livello di fermata al piano. Con le attuali normative, questo dislivello piano/cabina non è tollerabile e i motoriduttori ancora in servizio hanno il motore regolato dal VVVF (Variable Voltage Variable Frequency), per rimanere entro il livello di fermata stabilito dalla norme.

Figura 2 – Sassi RF160 con rotore esterno
Figura 3 – Sassi RF160 motore con rotore esterno

Motori per ascensori idraulici
Una considerazione a parte riguarda i motori a gabbia (a due poli) utilizzati nelle pompe degli impianti idraulici. In questi impianti, il motore parte a vuoto e la coppia richiesta all’avviamento è estremamente contenuta. I primi impianti idraulici (Anni ‘60) avevano la motopompa esterna, il motore era di tipo industriale, con alte correnti di avviamento (810 volte la nominale), bassi scorrimenti e un consistente rumore di funzionamento, che in alcune applicazioni non era tollerabile. Per semplificare la costruzione della centralina e attenuare il rumore, la motopompa è stata introdotta all’interno della centralina, permanentemente a bagno nell’olio. L’effetto collaterale tuttavia è la diminuzione del rendimento del motore in quanto il rotore (a circa 2800 g/m) incontra maggiore resistenza a ruotare nell’olio piuttosto che nell’aria. L’alta corrente di avviamento di questi motori, abbinata a una maggiore potenza richiesta dagli impianti idraulici rispetto ad analoghi impianti a fune, ha costretto a installare anche nelle pompe idrauliche motori ad alta impedenza rotorica, del tutto simili ai motori usati negli impianti tradizionali a fune. Attualmente, i motori usati hanno correnti di avviamento contenute (3,56 volte la nominale, se a bagno d’olio) e, se installati all’esterno della centralina, con pompa all’interno e regolazione di velocità con VVVF, possono avere ottimi rendimenti e potenze contenute.

MOTORI REGOLATI IN VELOCITÀ
Quando la velocità dell’ascensore supera 1 m/s (per avere un ottimo comfort sia in partenza sia in arrivo e una buona precisione di fermata, con qualunque intermittenza di funzionamento e qualunque condizione di carico) è preferibile avere motori regolati in velocità tali che in partenza e in arrivo il freno si apra e si chiuda a motore fermo con accelerazioni e decelerazioni graduali e variabili a piacere.

Motori in corrente continua
Fino all’inizio degli Anni ’70, l’unico motore regolabile in velocità era il motore in corrente continua. Nell’ascensore si usavano i costosi sistemi Ward-Leonard (motore asincrono collegato alla rete, accoppiato meccanicamente a una dinamo che a sua volta alimentava il motore in corrente continua collegato all’argano o motore gearless), la regolazione era ottenuta variando la tensione di eccitazione della dinamo.
I primi regolatori prevedevano la variazione dell’eccitazione tramite resistenze che progressivamente variavano la tensione di armatura del motore c.c., causando la conseguente e proporzionale regolazione della velocità. Con questo sistema, semplice concettualmente ma molto complesso nell’applicazione e anche molto costoso, si otteneva un ottimo comfort di marcia anche con velocità elevate. Tutti gli impianti con grandi corse e grandi velocità (fino a 45 m/s) prevedevano questo tipo di regolazione. Da metà degli Anni ’50, la regolazione a resistenze è stata progressivamente sostituita da regolatori ad amplificatori magnetici e successivamente da amplificatori elettronici, mantenendo sempre il sistema Ward-Leonard. Da metà degli Anni ‘70, i convertitori statici di potenza a 12 SCR hanno consentito la regolazione diretta della velocità del motore sostituendo il costoso e rumoroso gruppo motore-dinamo. Con questi regolatori, che alimentano il motore c.c. con una tensione continua ricca di armoniche, i vecchi motori usati per il sistema Ward-Leonard erano estremamente rumorosi. Per attenuarne la rumorosità si usavano vari accorgimenti, ma i risultati ottenuti non erano ottimali. Per ovviare all’inconveniente, sono nati motori lamellari, diversi dai classici motori in corrente continua, costruiti appositamente per essere alimentati dai regolatori elettronici. I risultati ottenuti sono stati ottimi sia per motori geared sia gearless. Anche per i motori gearless c.c. erano previste soluzioni con rotore esterno.

Figura 4 – Gearless GE a corrente continua
Figura 5 – Particolare gearless General Electric a corrente continua

Motori asincroni a gabbia ACVV
Contemporaneamente all’avvento dei regolatori elettronici per i motori c.c., sono nati i regolatori ACVV (Alternating Current Variable Voltage) per i motori asincroni a gabbia per ascensori, sia a una velocità (quattro o sei poli) sia per motori a due velocità (generalmente 4/16 poli). Questo tipo di regolatore prevedeva una tensione di alimentazione variabile e ricca di armoniche, la regolazione della velocità era ottenuta lavorando sullo scorrimento del rotore, mentre l’energia di frenatura dell’impianto veniva dissipata nel rotore. Come conseguenza di questo, un normale motore asincrono per ascensore diventava rumoroso e si scaldava di più. Negli impianti con alte velocità e/o alte portate, traffico intenso, ecc. il motore era sottoposto a dei colpi di calore tali da provocare, in alcuni casi, la “sgabbiatura” del rotore cioè la rottura delle sbarre della gabbia rotorica. Per ovviare agli inconvenienti sopra esposti, i motori tradizionali hanno subito alcune modifiche con carcasse maggiorate, rotori con gabbie speciali in rame, diversi sistemi di isolamento degli avvolgimenti, sistemi di raffreddamento più sofisticati ecc. Concettualmente erano gli stessi motori per ascensori non regolati, ma con significative particolarità costruttive sia nello statore sia nel rotore.
Questo tipo di regolatore era usato soltanto nei sistemi geared, la massima velocità era di 1,62 m/s, la massima portata di 1.2001.600 kg. Negli Anni ‘80 questi motori, nel loro specifico campo di applicazione, eliminarono dal mercato i motori c.c. anche se questi ultimi erano più performanti e con minor consumo.

Motori asincroni a gabbia VVVF
All’inizio degli Anni ‘90, i regolatori ACVV sono stati progressivamente sostituiti dai più sofisticati variatori di frequenza VVVF (Variable Voltage Variable Frequency). Il motore per ascensori ad alta impedenza rotorica è particolarmente inadatto a questo tipo di regolatore, viene usato soltanto negli ammodernamenti in cui si conserva il vecchio motoriduttore. I costruttori dei motori per ascensore hanno dovuto sdoppiare la produzione in motori non regolati e motori per inverter. I motori per inverter si differenziano dagli altri per alcune caratteristiche sostanziali come il basso scorrimento, il limitato sviluppo di calore, la necessità di avere un isolamento maggiorato ecc. Come caratteristiche elettriche il motore per inverter è molto simile ai primi motori a gabbia usati nell’ascensore, ci sono motori di 50 o 60 anni fa che regolati da inverter funzionano in modo ottimale con prestazioni del tutto simili ai moderni motori. I regolatori VVVF hanno però l’inconveniente di produrre un invecchiamento accelerato dell’isolamento delle fasi motore a causa dei picchi di tensione prodotti. Non è raro trovare motori con 40 o 50 anni di funzionamento ad avviamento diretto, che dopo alcuni mesi di funzionamento con inverter hanno una perdita di isolamento e necessitano la sostituzione o il riavvolgimento se non si inseriscono preventivamente le opportune protezioni. Per ovviare all’inconveniente, i nuovi motori sono costruiti con avvolgimenti a isolamento maggiorato, sia tra le fasi sia tra fasi e terra, ma in alcuni casi si sono verificate ugualmente perdite di isolamento del motore dopo un numero limitato di corse.
I regolatori VVVF sono in grado di pilotare motori asincroni sia geared che gearless senza alcuna limitazione di velocità, con opportune varianti sono in grado di recuperare in rete l’energia di frenatura dell’impianto con consistente risparmio energetico negli impianti con grandi corse e/o velocità e portate.

Motori sincroni a magneti permanenti
Dall’inizio del nuovo secolo molti nuovi impianti, anche con velocità minore di 1 m/s, prevedono l’uso di motori gearless sincroni a magneti permanenti (MSMP); questi ultimi prevedono l’utilizzo di magneti permanenti a terre rare (in genere neodimio-ferro-boro), hanno una costruzione più complessa, possono essere con rotore interno o esterno, ma, a parità di dimensioni, garantiscono coppie più elevate che ne consentono l’installazione nel vano di corsa, eliminando così il locale del macchinario detestato dai progettisti, costoso per il costruttore dell’edificio, ma tanto apprezzato dai manutentori. Questi motori sono più costosi degli equivalenti asincroni, di più sofisticata regolazione, ma con caratteristiche tali da essere preferiti ai classici asincroni dalla maggior parte dei costruttori. Naturalmente la parte di regolazione del motore a magneti permanenti è diversa da quella dei motori asincroni, è più sofisticata e naturalmente più costosa.
Anche con questi motori non ci sono limitazioni della velocità dell’impianto, sono usati nelle piattaforme elevatrici a 0,15 m/s, come negli impianti ad altissima velocità a 15 m/s.

Figura 6 – Motore B3 Sassi (Anni ‘80)

CONCLUSIONI
Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro, di certo sappiamo che in ogni applicazione della tecnica, in campo industriale o civile, c’è già una particolare sensibilità verso il risparmio energetico. Pensiamo che quanto successe negli Anni ‘80, con l’abbandono dei motori a corrente continua, che durante la frenatura recuperavano l’energia in rete e l’avvento dei motori asincroni regolati ACVV con consumo di energia per poter frenare, non succederà più. Ogni nuova invenzione dovrà fare i conti con una corrispondente diminuzione del consumo.

NOTE BIOGRAFICHE
Vittorio Mazzoni, si è laureato in ingegneria all’Università di Bologna. Ha maturato esperienza lavorativa presso la Ceam Ascensori dal 1973 al 1988 e dal 1988 ad oggi presso la SMS – Sistemi e Microsistemi (Sassi Holding) di cui è presidente.
Bruno Santarelli, si è diplomato perito tecnico in elettronica industriale. Ha lavorato presso Fiam Ascensori dal 1969 al 1983; e dal 1983 al 2012 in IGV Group.

BIBLIOGRAFIA
Per la rivista Elevatori, dal 2000 ad oggi, Vittorio Mazzoni ha scritto i seguenti articoli.

  • Elevatori n.6-2001, pagina 96: Come funziona, L’interruttore differenziale: questo sconosciuto – V. Mazzoni
  • Elevatori n.5-2004, pagina 84: La precisione di fermata al piano – V. Mazzoni
  • Elevatori n.4-2005, pagina 66: Teoria e Pratica, Modernizzazioni: sicurezza e risparmio – V. Mazzoni & Ing. L. Calvi
  • Elevatori n.1-2007, pagina 46: Calcoli, consumi e risparmi energetici in un ascensore – V. Mazzoni
  • Elevatori n.4-2010, pagina 50: Il consumo energetico degli ascensori – V. Mazzoni
  • Elevatori n.4-2011, pagina 52: L’ascensore: potenza, consumo, energia… – V. Mazzoni
  • Elevatori n.6-2011, pagina 78: Come funziona, Azionamenti e inverter – Capitolo 8 – V. Mazzoni
  • Elevatori n.6-2013, pagina 74: Ascensori idraulici: come risparmiare sulla bolletta – V. Mazzoni, F. Trabacchi, A. Pini
  • Elevatori n.6-2014, pagina 74: Nuovi sistemi di avviamento per motori in impianti idraulici – V. Mazzoni

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